Scrivo perché non scrivo

e quindi non scrivo, come chi non può mettere in fila le parole, quasi che, solo per questo, avessero valore.

Lo so, non così si può fare racconto e verso a capo

e ripeto un meccanismo di collegamenti tra lo stomaco, il cuore e il suo cervello.

Vado a braccio, quasi quasi mi piaccio, ma non credo, non si sa mai e chi può dirlo poi.

Si rende necessario anche negare per non incolparsi di niente e stare quieto.

Sorrido appena posso aprendo l’uscio del mio volto, la lingua che non parla e pure dice

si ferma, casomai mi stanco.

Henri Cartier-Bresson

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Fritti

Ed. ILMIOLIBRO, 2021

***

Una giornata al mare delle famiglie

con genitori miei coetanei,

bambini che naturalmente

non stanno fermi.

Qualche cane. Belle cosce.

Una moglie giovane carezza l’anca

al marito villoso.

Io leggo Queneau.

***

Piove

e io faccio cadere queste frasi sciroccate

su una coscienza bianca di foglio.

***

Ferite tostate come fiori da mangiare,

sorprese contenute da rivoltanti involtini,

a primavera iniziata, nell’incerto atmosferico tempo.

Quel che gira nella vita è la pretesa di non muoversi

poi il disastroso proteggere sé stessi

dalle intemperie di sé stessi,

come un camminar accostato lungo le case degli altri,

in cerca di quella che sembra difficile

abitare.

***

Non c’è mucca che allatti e che uccida,

né musica che batta o mossa che ottenga,

non equilibrio che duri o amico che resista.

Sei lo scandalo del mio cuore,

amore che primitivizza,

rosa che aggredisce le narici timide,

neve sconosciuta che copre

la notte lenta.

***

Odio questa scrittura da ossa rotte,

le bili che si scontrano,

questo mio frattagliarmi.

***

Due sborrate, due visioni.

Prima di dormire, appena sveglio.

Religiosamente quasi.

Lavoro schizofrenico.

Pseudo-dormita.

Lavatrice.

Che vita!

In questo pomeriggio da stagione implosa,

faccio esattamente ciò che farebbe

un eremita.

NOTA IN CALCE

“Eravamo venuti per pulire la cisterna.

Abbiamo visto che non c’era nessuno

e ce ne siamo andati.

La faremo un altro giorno?

In fede.”

Salvatore D.

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Taccuino scarso

Ed. ILMIOLIBRO, 2021

IRREVERSIBILMENTE

Passando tra queste frasche salentine,

osservo la vita fuori

e resto male, andando via,

come una cozza a cui hanno

spezzato il bisso.

***

Da giorni quasi barricato

relazioni pubbliche che scadono,

conversazione che non procede,

lettere che non corrispondono,

gli altri hanno in mente altro.

Riesco solo a non evitarmi,

sistemandomi attorno tutto ciò

che può dare l’idea

di ogni cosa al suo posto,

in tanto sorprendente decadere.

***

Il corano della vita

nelle dita piano si snoda

e poco soccorsa l’anima s’arresta,

appena accorta,

e crepa.

***

D’estate

a Roma

da un pino mediterraneo

può caderti in testa

una pigna.

A CARO PREZZO

Il tempo che ci metti ad accorgerti

che sei preso da qualcuno

è poco rispetto al rendersi conto che

qualcuno è giusto lasciarlo in pace,

rischiando altrimenti molestie.

MUCCASSASSINA

Niente si può fermare

neanche questo venerdì

in genere festaiolo

che fa stelle

pezzi di plastica argentata.

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Turbinando

Ed. ILMIOLIBRO, 2021

***

Ascolta quando griderò la notte

e meravigliati!

***

In questo complice posto

ogni gesto per me essenziale

assume immagini devianti.

AFA

Teso

su un muro di tufo che barcolla

aspetto

che il bello venga.

AL SOLE DI GALLIPOLI CHE TRAMONTA A MARZO

Spegni tutte le cere

d’Oriente

qui

la terra è umida.

***

Chi

se non tu amore

manchi a questa bocca

sognante?

Questo libretto è storico ormai e viene da una preistoria della mia scrittura. Una raccolta annunciata e mai presentata per fatti diversi. Nasce da un’esigenza, la prima, di venire alla luce come appassionato praticante di poesia, grazie anche allo stimolo di persone care con le quali l’ho condivisa e che ringrazio. Un farsi spazio nei meccanismi della pubblicazione, inquieto e determinato insieme, con l’assillo della inadeguatezza e il desiderio di dire.

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Sistemai la voce per iniziare,

si ha un fremito quando si sta per parlare,

ma quello che preoccupava era il dopo,

come quando devi decidere se saltare un antipasto

a favore di un dolce alla fine.

Non emisi suono

e mi intortai con una dieta.

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Tadeusz Kantor
Tadeusz Kantor

Senza disporre di un titolo  – ciò per cui si può valutare il contenuto di uno scritto, in questo caso – m’imbarco su un foglio liscio, ignaro di quel che ne verrà.

Vado a tasto, cerco un appiglio.

E’ un tempo di apparente calma – superficie larga e schiacciata in cui raccolgo i fatti della quotidianità tenuti in caldo, ma raffreddabili per forza prima o poi – e con tutto quello che prende per le caviglie, le mani o per il collo con in su la testa, sembra non esserci modo di prezzare il mondo, svalutandolo a pressione non voluta o nemico da cui guardarsi.

Non piangere o ridere quindi? Magari incupirsi o sorridere, perdendo un livello più alto e altro che crei un’empatia migliore.

Il possibile s’ingegna poco nella spinta che affratella. E questo è il punto: non sentire di appartenere al gruppo familiare in senso largo e stare da soli quel tanto che basta per non sopportare e non escludere.

 

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proverbiale

Jacek_Malczewski_-_Portret_Michała_Wywiórskiego
Jacek Malczewski – Ritratto di Michał Gorstkin-Wywiórski

Non proprio come la comparsa in strada – che dove inizia non si sa – di un camminatore stanco e impolverato che si avvicina e va oltre un punto di vista, una posizione ferma. Qui, l’arguzia e il fatto noto, o il detto prima, sembrano avere carattere sconosciuto e soprattutto non sanno dove andranno a pararsi. Come in tutte le premesse quindi alludo e lascio correre.

Se ben cominciassi sarei a metà.

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mani avanti

Chagall
Chagall

Dove la costituzione del corpo, l’abito o l’inclinazione, non lasciano molte possibilità di scelta apparente, tra quelle che non mi sono congeniali, quasi un vizio d’organismo che approssima e non finisce, un vezzo semplice.

Un territorio senza traccia, a guardare dietro, privo di agitazione che non agisce eppure svela qualche tratto di sussulto cardiaco o moto di stomaco quando vengono alla mente un fatto, una persona, o più d’una. Ultima serie, ieri notte, ma non dirò ché a farlo non aiuta il gorgo a salire.

Altra proposizione è la mancaza d’ardire sotto forma, per esempio, di un colloquio a poche frasi, un porsi fuori che disperde, o l’attitudine alla risposta breve, sicura che non piace, ma vorrebbe. Quasi un dovere umanitario che calma l’ego e forse il destinatario.

Non aspetto versi, prendo direzioni plurime.

 

 

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da qualche parte

Che sia chiaro a me l’osceno in tutto il suo candore, coprente a tratti, dei rapporti mossi dal bisogno,

anche io sto nel giro e sono quello che lamento.

Perché alla fine dell’appetito ci si addormenta e si scorda d’aver preteso qualcosa,

come quando la dispensa è piena e non esci a fare spesa.

 

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Dimitris Tzamouranis 1
Dimitris Tzamouranis

Non che manchi cosa pensare, semmai c’è una sequenza bizzarra di sospiri che traduce le fatiche in oblio riparatore.

La riconciliazione rimanda a una rottura, leggevo da Joyce. Mi riconcilio in abbondanza allora, di nascosto, giocando.

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